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Forme di vita extraterrestre

Testo ed elaborazioni grafiche di:

Fabrizio Tamburini

 

" La parola del Signore fu rivolta al sacerdote Ezechiele figlio di Buzi, nel paese dei Caldei, lungo il canale Chebar.

Qui fu sopra di lui la mano del Signore. Io guardavo, ed ecco un uragano avanzare dal settentrione, una grande nube e un turbinio di fuoco, che splendeva tutto intorno, e in mezzo si scorgeva come un balenare di elettro incandescente. Al centro apparve la figura di quattro esseri animati, che avevano sembianza umana e avevano ciascuno quattro facce e quattro ali. [...] Tra quegli esseri si vedevano come carboni ardenti simili a torce che si muovevano in mezzo a loro. Il fuoco risplendeva e dal fuoco si sprigionavano bagliori. Gli esseri andavano e venivano come un baleno. [...] Quando essi si muovevano, io udivo il rombo delle ali, simile al rumore di grandi acque, come il tuono dell’Onnipotente, comeil fragore della tempesta..."

Fa parte dell’uomo sognare, cercare un riferimento esterno al suo stesso essere; sentire il bisogno di un interlocutore immaginario preso dal profondo del mondo onirico dove è l’inconscio a dettar legge; un mondo governato da un linguaggio simbolico, allegorico, con delle immagini che spesso trascendono l’esperienza quotidiana. È una invisibile leva che agisce sull’inconscio collettivo e rende l’uomo cosciente di alzare lo sguardo al cielo per confrontarsi direttamente con la natura e svelarne i misteri. Così nascono i miti, le leggende, e le conseguenti interminabili ricerche attraverso i secoli da parte di schiere di studiosi e di altrettanti fanatici. Il Santo Graal, l’Arca dell’Alleanza, la ricerca di forme di vita al di fuori del nostro mondo ne costituiscono un esempio. Troviamo tracce documentate di discorsi sugli abitanti del cosmo ad opera di filosofi dell’antica Grecia, sull’esistenza di ipotetici esseri che popolano altri mondi: per esempio fra i pitagorici vi era la convinzione che esistessero i Seleniti, abitanti della Luna, e perfino Plutarco in una sua opera minore ne fa cenno, immaginandoli come esseri superiori all’uomo stesso. Ad altre fantasiose argomentazioni segue il buio periodo del medioevo retto dalla scienza aristotelica imposta dalla Chiesa. Giordano Bruno, abbracciando la rinascimentale teoria copernicana che scalzava la Terra e l’Uomo dal centro del cosmo, nel suo De infinito, universo et mundi sostenne l’esistenza di una infinità di mondi abitati. Ogni stella, ogni pianeta potevano, secondo lui, essere idonei ad ospitare delle forme di vita. La Santa Inquisizione usò queste argomentazioni per tacciarlo di eresia e mandarlo al rogo al suo ritorno in Italia da Oxford. Altri uomini di scienza di allora credevano nell’esistenza di forme di vita al di fuori del nostro pianeta, come lo stesso Keplero, l’astronomo famoso per le leggi che descrivono il moto dei pianeti attorno al sole, il fisico Huygens, pioniere della teoria ondulatiora della luce, che scrisse un vero e proprio trattato sugli abitanti di altri mondi, il Cosmotheoros, e lo stesso Kant. Con l’uso del cannocchiale in astronomia, lo studio dei principi della dinamica dopo i contributi di Galilei e Newton, la nascita dell’ottica e della teoria del calore, si cominciano ad accumulare nuove conoscenze che fecero allontanare la scienza dai puri voli fantastici. Alcuni ambiziosi progetti come la ricerca della vita extraterrestre vengono messi momentaneamente da parte per poter poi ritornare in auge con nuovo vigore grazie alla scoperta dei canali di Marte ad opera dello Schiapparelli; in seguito l’astronomo Lowell cominciò a tracciarne la mappa, immaginando l’esistenza di una favolosa civiltà tecnologicamente avanzata che portava l’acqua ormai scarsa sul pianeta rosso dalle calotte polari in fase di scioglimento stagionale diffondendola capillarmente su tutta la superficie arida. Tutte ipotesi che, alla luce delle odierne scoperte fatte dalle sonde Viking e la più recente Mars Explorer, si sono rivelate completamente errate; perfino le presunte tracce di vita individuate su di un meteorite di provenienza marziana sono risultate essere delle strutture di natura non organica. Assieme ai canali di Marte, anche il romanzo di H. G. Wells, La guerra dei mondi, usato poi come canovaccio di burla radiofonica da Orson Welles, contribuì a formare nell’immaginario collettivo la figura dell’essere alieno, in possesso di una tecnologia favolosa, che può atterrare sul nostro pianeta a dispetto delle nostre forze effettive; l’essere umano, nella sua arroganza ha qualcosa d’ignoto da temere, qualcosa che le sue forze non potranno combattere, a meno di non essere costretti a tentare l’impresa di David contro il gigante Goliath. Le stesse astronavi aliene cominciarono ad entrare nella fantasia popolare dando via a vere e proprie ondate di avvistamenti subito dopo il secondo dopoguerra, così numerose che l’aeronautica americana decise di varare un’inchiesta ufficiale per stabilire se questi oggetti volanti non identificati (UFO) potessero costituire una minaccia per la sicurezza nazionale. Nacquero così fra tante oscure commissioni d’inchiesta il progetto Blue Book che diede inizio alla moderna indagine ufologica grazie soprattutto all’opera dell’astronomo Joseph A. Hynek; i metodi da lui sviluppati consentono tutt’ora una precisa e rigorosa classificazione che permettono di poter catalogare ogni singolo caso di incontro ravvicinato in base alle testimonianze ad alle prove oggettive addotte. Le commissioni d’inchiesta alla fine stabilirono solo che il problema UFO non costituiva una minaccia alla sicurezza dello stato americano, non fornendoulteriori spiegazioni del fenomeno. Lo stesso Hynek si dissociò dall’interpretazione di certi episodi oscuri trattati in modo alquanto sbrigativo da parte delle autorità preoccupate più a gettare discredito sui testimoni che di cercare la verità. È più che probabile allora che, visto l’effetto esercitato sulle masse dalla trasmissione di Orson Welles negli anni antecedenti il secondo conflitto mondiale, queste autorità abbiano compreso la facilità con cui si manipola l’opinione pubblica per approntare, allo scopo di tener celati certi sviluppi in ambito bellico, una tecnica di cover up del seguente tenore: una volta che gli aerei sperimentali verranno scambiati per misteriosi oggetti di cui non si sa nulla, la gente si interesserà prevalentemente ad essi perdendo di vista il vero obbiettivo. Inoltre funziona da ottimo bluff a livello internazionale perchè se altri paesi credono che una potenza stia studiando i rottami di una macchina aliena proveniente dallo spazio, la riterrà comunque in possesso di nuove tecnologie da essa derivanti che userà per costruire armi segrete. Le voci sulla "Tecnologia UFO" molto probabilmente nascono da questo modus operandi.

Se diamo una breve scorsa alla cronologia degli avvistamenti, il primo di essi, documentato, è datato 24 giugno 1947 ad opera di un pilota privato americano, Kenneth Arnold. Questi, direttosi nei pressi del monte Rainer in seguito a degli appelli via radio lanciati dai centri costieri di Washington per ritrovare un aereo della marina scomparso la notte precedente, scorse il bagliore di nove oggetti argentei di forma lenticolare aventi le dimensioni di un aereo mentre volavano in formazione a cuneo ad una velocità ritenuta impensabile per dei velivoli di allora. Tre giorni prima, al confine con la frontiera canadese, avvenne un analogo avvistamento con recupero di rottami da parte dei testimoni, quattro guardiacoste dell'isola di Maury. Una formazione di cinque corpi circolari larghi trenta metri sembravano impegnati in una manovra di soccorso ad un sesto velivolo, bloccatosi a 500 metri d'altezza sulla verticale della costa. Quest'ultimo, in evidente difficoltà, espulse dei frammenti che andarono a danneggiare la motonave dei guardiacoste ferendo lievemente uno degli occupanti. Ripresa quota si diresse in formazione verso il mare aperto con tutto il gruppo. Appena resi noti i fatti alla stampa di allora, iniziarono le operazioni di depistaggio da parte delle autorità: un uomo vestito completamente di nero, ricorrendo a minacce, consigliò uno dei testimoni a non rendere pubblico l’accaduto. Men in Black, individui privi di scrupoli assoldati per mettere a tacere in qualunque modo ogni avvistamento degno di nota: sparì la documentazione fotografica, e l’aereo che trasportava i reperti consegnati nelle mani dei militari subì un incidente. Sempre a questo periodo risale la prima foto di un UFO di forma circolare e di colore biancastro, scattata da un marinaio della guardia costiera americana il 4 luglio 1947 nei pressi di Seattle. Il 7 luglio il tenente Baird alla cloche di un bimotore P-38 a 10.000 metri sopra il parco di Yellowstone si trovò inseguito da un velivolo di forma lenticolare che procedeva ad altissima velocità. Tentò di intercettarlo, ma in soccorso sopraggiunsero una dozzina di dischi in formazione irregolare sparpagliata, che eseguirono una tattica usata dai piloti di scuola americana per iniziare un attacco. Il primo di questi yo-yo, divisosi in due semidischi, sarebbe poi precipitato al suolo. Sembra il resoconto di una esercitazione di un nuovo tipo di velivolo segreto a decollo verticale rapido, forse causa nell’anno seguente della morte del capitano Mantell durante un tentativo di intercettazione a bordo del suo P-51 Mustang sopra la città di Madison. Poco prima di precipitare il pilota dà una descrizione dell’oggetto via radio: un cono rotante di metallo, con una macchia rossa intermittente in cima, di circa 50 metri di diametro, attorniata da fiamme di color rosso. Con della "gente a bordo". Il metallo dei resti del Mustang in seguito rinvenuti era poroso come se fosse stato sottoposto ad una altissima temperatura. Il denominatore comune a tutti questi casi, in tutti questi anni, è la correlazione esistente fra oggetti di forma discoidale ed installazioni militari, o in alternativa di una nave-appoggio sigariforme. Da quanto raccolto nelle varie testimonianze, si può dedurre che questi velivoli sono aerei con struttura ad ala volante spesso di forma discoidale a rapido decollo verticale, o dei termoplani con lungo raggio di autonomia, diretti discendenti dei palloni aerostatici e dei dirigibili; parte delle testimonianze in effetti descrivono le prestazioni documentate dei velivoli segreti allora in fase sperimentale testati in prossimità della frontiera canadese. Lo stato del Canada entrò più o meno direttamente nella progettazione e nella realizzazione di queste ali volanti verso la fine degli anni ’40 e ne spiegherebbe il legame con i luoghi di avvistamento. Esistono inoltre documentazioni relative ad atterraggi, contatti con gli occupanti ed incidenti occorsi a questi UFO, quali il celebre caso Roswell del 1947 e la misteriosa cattura di strani esseri nel 1996 da parte delle autorità locali presso Las Minas nello stato di Varginha in Brasile.

Per quanto riguarda il caso Roswell, alle ore 22 del 2 luglio 1947 cadde un oggetto volante non identificato nel Foster Ranch vicino Corona, New Mexico, durante una forte tempesta. Vicino al sito dell’incidente c’è tutt’oggi la base militare di Roswell. Il giorno seguente William Brazel, responsabile del ranch, ed il suo vicino rinvennero i resti del disco impattato: i pezzi erano sparpagliati intorno ad un’area all’incirca di un km. Giunti i militari sul posto, decisero di prendere tutti i rottami che entravano nei loro due veicoli, mentre la polizia militare raccolse ogni prova lasciata all’ufficio dello sceriffo, spedendo tutto il materiale al quartier generale di Fort Worth e poi a Washington. Il 7 luglio, Lydia Sleppy alla Roswell radio station cominciò a trasmettere una storia via telescrivente su di un UFO crash al Foster Ranch. La trasmissione venne interrotta dall’FBI. Nel giorno seguente il colonnello Blanchard alla Roswell AAF diede disposizioni di rilasciare un comunicato stampa alla nazione riguardo il rinvenimento da parte dell’esercito dei resti di un disco volante, mentre da Washington quelle per far svanire la storia sull’UFO e recuperare quanto resta dei rottami. Nel pomeriggio, il Generale Roger Ramey tenne una conferenza stampa al quartier generale della VIII Air Force in Fort Worth nel corso della quale annuncia che l’oggetto impattato era un pallone. A sostegno della tesi fece vedere alla stampa dei resti di un pallone sonda asserendo che la provenienza era Roswell. Dopo un paio di giorni, a pochi chilometri dal campo di rottami transennato dai militari, viene trovato il corpo principale del disco e più in là dei resti di corpi di piccoli umanoidi. Brazel, preso in custodia dai militari per una settimana, finì col ritrattare la storia rilasciata inizialmente. Negli anni seguenti vengono date all’opinione pubblica solo informazioni frammentarie e fra di loro contrastanti, facendo così aumentare la curiosità della gente e confondendo allo stesso tempo i fatti. Ad esempio, l’ex maggiore USAF Philip Corso, in qualità di diretto testimone, sostiene anche ai giorni nostri la tesi dell’impatto di un’astronave aliena: il 6 luglio 1947 un sottoufficiale gli fece vedere una bara di vetro contenete un corpo che sembrava quello di un bambino alto poco più di un metro immerso in un materiale gelatinoso bluastro. Le mani avevano quattro dita, una testa sproporzionata rispetto al corpo ed una pelle grigiastra. Fino da allora squadre di esoingegneri cercherebbero di carpire i segreti di quella tecnologia aliena studiando il funzionamento dei resti dell’astronave impattatasi nel lontano 1947. Le testimonianze relative ai rottami rinvenuti a Roswell parlano infatti di materiali leggerissimi simili al legno di balsa, ma ignifughi, e di fogli di materiale simile al metallo dotato di memoria morfologica, proprio come le leghe di futura applicazione nelle stazioni spaziali.

Quanto appena affermato dal Maggiore Corso, contrasta però con l’autopsia del presunto alieno in possesso di Ray Santilli, a suo dire fatta da un cine-operatore militare: nel filmato in questione l’alieno sembra affetto da polidattilismo, quindi ha 2 dita in più per mano dell’essere visto dal militare americano, dando adito a seri dubbi sul fatto che il filmato abbia delle relazioni con quanto effettivamente avvenuto a Roswell. Come affermato da referti specialistici, è probabile che il filmato documenti un’indagine autoptica di un cadavere truccato. Analizzando le immagini si possono notare dei bordi e delle ombre che sembrano ricostruite ad arte mediante l’uso di un computer, truccando ogni singolo fotogramma. Se assumiamo queste ipotesi, è possibile allora trovare delle tracce di tale operazione mediante opportuni algoritmi di ricerca; passiamo ad una analisi dei fotogrammi più nitidi rilasciati al pubblico e notiamo la presenza di membrane scure poste sugli occhi dell’esserino, forse messe con lo scopo di coprire le vere fattezze del bulbo oculare. Infatti una analisi approfondita mediante i metodi impiegati usualmente in astronomia nell’analisi delle immagini con filtri grafici a trasformata di Fourier consente di mostrare la presenza di una struttura sottostante in luce blu che è ha le fattezze di un occhio umano, con tanto di iride e pupilla.

 

Queste immagini elaborate numericamente mettono in evidenza dei trucchi impiegati nella costruzione del filmato. Analizzando le immagini si possono notare dei bordi e delle ombre che sembrano ricostruite mediante l’uso di un computer, truccando ogni singolo fotogramma. Dall’intervista di Susan e Philip Mantle del BUFORA a Ray Santilli viene sollevato il dubbio che il film sia stato trasferito da videotape a celluloide, cioè l’originale sarebbe in video e non nel 16mm di cui sono stati consegnati alcuni fotogrammi.

a) sequenza di elaborazione (773kb) clicca QUI

Serie di immagini ottenute nel corso dell’elaborazione grafica della testa dell’alieno da uno dei fotogrammi "nitidi" rilasciati da Santilli. Il complesso iride-pupilla risultante è immerso nella zona d’ombra del complesso orbitale. Vi è un modesto effetto di rifrazione dovuto alla presenza della lente orbitale, che verrà rimossa in sede autoptica, e che risulta neutro alla luce blu.

b) particolare dell'occhio (520kb) clicca QUI

Particolare della testa dell’alieno dopo l’applicazione dei filtri grafici. Il medico specialista consultato per l’analisi dell’immagine, un chirurgo plastico, afferma che la protesi oculare semitrasparente rimossa successivamente in sede autoptica serviva per mantenere costante il tasso di umidità del bulbo oculare. Inoltre la particolare forma del complesso iride-pupilla osservato indica o l’uso di una protesi oculare effettiva, o l’uso di sostanze dilatatorie quali il nitrato d’argento che preserva anche l’integrità del bulbo oculare stesso pur facendo dilatare la pupilla.

c) immagini dell'autopsia (584kb) clicca QUI

Il risultato è stato ottenuto processando l’immagine in varie sequenze di applicazione dell’algoritmo, scegliendo anche dei percorsi in strutture ad albero random con differenti figure sorgente ottenendo sempre lo stesso responso. Esiste una forte correlazione indipendente dall’ordine di scelta degli algoritmi applicati e dalle sorgenti figura scelte; pertanto si può affermare che la struttura così rinvenuta debba appartenere all’immagine di un oggetto reale, e non generata da "fantasmi" di calcolo. Non è neppure imputabile ad un riflesso in inversione di colore perchè le prove effettuate seguendo questa ipotesi, danno come risultato una figura non nitida, dalla quale è impossibile estrarre quanto già osservato, e risulta indipendente dal taglio di sensibilità nel blu, colore che entro certe bande di risposta risulta comunque avere un comportamento simile a quello ottenuto supponendo che la sorgente non sia la pellicola vera e propria ma un’immagine elettronica poi riversata in pellicola. Non è impossibile prendere una pellicola dell’epoca, anche se scaduta, rifare la gelatina e riversarci le immagini. Però l’operazione di riversamento da immagine elettronica a gelatina indispensabile per evitare di rovinare l’unica emulsione in possesso e per controllare meglio ogni singola sfocatura, sposta la risposta spettrale anche di poco e mi consente di vedere con opportuni filtri ciò che la ripresa fatta dalla pellicola da sola avrebbe celato meglio obbedendo alla sua curva di risposta originale. In linea di principio, ogni segnale che giace al di fuori della curva di sensibilità spettrale del rivelatore, quale la pellicola non dovrebbe venire registrata; ma l’operazione di trasferimento da elettronico ad emulsione dà una risposta spettrale che differisce di poco da quella della sola pellicola: ho per risultato non la risposta della pellicola, ma il prodotto di convoluzione delle risposte spettrali sia dei rivelatori impiegati che del dispositivo usato per impressionare la pellicola. L’immagine elettronica non processata mi consente uno spettro più ampio di risposta della pellicola, mentre il dispositivo di riproduzione atto ad impressionare l’emulsione non è mai totalmente fedele alla resa cromatica. Non è un fenomeno totalmente controllabile, ed è per questo che gli astronomi ogni volta campionano la sensibilità di ogni singola lastra, tengono conto della configurazione dello strumento e scelgono un set ben preciso di finestre nello spettro quando vogliono fare delle osservazioni che riguardano la luminosità, i colori, e di conseguenza la temperatura delle stelle. Di sicuro fra quei signori non c’era un astronomo, visto che queste sono le prime cose che vengono insegnate agli allievi prima di entrare in un osservatorio a far pratica. Per questi motivi un’analisi nelle frequenze vicine a quella di taglio tipiche delle pellicole cinematografiche ha consentito l’individuazione dell’immagine sottostante la lente: la maggior parte dei trucchi cinematografici usa il rapido crollo della curva di risposta nella regione di scarsa sensibilità tipica delle pellicole, ma talvolta è difficile mascherare completamente il trucco ad una indagine più profonda di quella che usa solo l’occhio come strumento o un semplice gioco di contrasti. Per questo devono esser ricorsi al processo di sfocatura, forse ottenuto con image processing digitale mediante un "softening frame by frame" su tutto lo spettro. L’analisi è stata fatta su di uno dei fotogrammi nitidi rilasciati al pubblico. Il complesso iride-pupilla risulta immerso nella reale zona d’ombra dell’orbita; a tal scopo è sufficiente confrontare la forma delle ombre sul resto del cranio. Vi è un modesto effetto di rifrazione dovuto alla presenza della lente oculare, che verrà rimossa in sede autoptica, e che risulta neutra alla luce blu; è la stessa tecnica usata nei filmati per effetti speciali per esempio dai burattinai dei muppets che indossano delle tute colorate opportunamente in modo tale che la curva di sensibilità del rivelatore sia situata in una coda di risposta minima. Per dare un esempio, se guardate una qualsiasi trasmissione con degli attori che si muovono in una scena con sfondo elettronico, si notano talvolta degli effetti di sbordatura che fanno avvolgere le figure in una breve e tenue contorno in cui è dominante il colore blu. Per quanto riguarda le lenti che coprono le fattezze degli occhi dell’alieno, il loro spessore osservato, l’inclinazione degli assi del complesso iride-pupilla, danno il corretto indice di rifrazione e consentirebbe di ottenere una stima del tipo di materiale impiegato. Il medico specialista interpellato, un chirurgo plastico, afferma che queste sono le immagini dell’autopsia di un cadavere umano, un individuo sofferente di malformazioni, che ha subito evidenti manipolazioni. La lente posta sopra l’occhio serviva o per coprire le fattezze di una effettiva protesi oculare sottostante o per tener umido l’occhio del cadavere, che si sarebbe alterato nel tempo. In questo caso, la forma del complesso iride-pupilla può suggerire l’impiego in loco di sostanze quali il nitrato d’argento che hanno la proprietà di preservare l’integrità del bulbo oculare facendo dilatare in seguito la pupilla. Questo spiega perchè le lenti dovessero risultare trasparenti agli occhi del chirurgo e non a quelli della telecamera; si potevano così togliere al momento opportuno in modo da ottenere una pupilla esageratamente dilatata e girare uno spezzone da inserire al momento opportuno nel filmato, come poi è stato osservato; successivamente venivano rimesse in loco per poter ottenere altre immagini da inserire nel montaggio dell’autopsia. Questo fenomeno di iperdilatazione veniva spiegato dicendo che quegli esseri vivevano probabilmente in una zona dove la luce risultava scarsa e gli schermi oculari scuri servivano come lenti di protezione all’abbagliante luce terrestre. E l’affermazione è falsa: se questi alieni erano originari dal sistema noto come Zeta Reticuli, la stella principale, che verrà descritta in modo più approfondito in seguito, è più brillante del nostro sole ed emette maggiori quantità di raggi ultravioletti dovuti alla carenza di metalli tipica delle stelle di popolazione intermedia. La luce sul nostro pianeta risulterebbe così meno aggressiva agli occhi di esseri che si sarebbero evoluti su di un sistema stellare di quel tipo. Quindi le lenti di protezione costituirebbero per loro solo un intralcio. Inoltre la forma del padiglione auricolare deve esser stata ottenuta riscaldando la cartilagine dagli 80°C ai 100°C molto lentamente, rendendolo simile alle fattezze di un’orecchio ustionato. La possibilità più remota e più macabra è che si tratti di un cadavere di una persona affetta da progerie, morta per overdose di droghe sintetiche e messa in seguito nel congelatore fino al momento dell’autopsia. Fra le poche deduzioni che possiamo trarre è che in questo caso abbiamo a che fare con un falso, con l’evidente scopo di vendere a caro prezzo il presunto filmato; può essere anche valida l’ipotesi che esista un tentativo di gettar discredito sugli studi ufologici in corso, una tecnica di cover-up per poter nascondere una reale fuga di notizie legata alle rivelazioni fatte da ex militari americani. Riguardo questo particolare caso in questi tempi vi è un continuo succedersi di conferme di notizie, rivelazioni e smentite. Non a caso quarant'anni dopo l’impatto del presunto disco volante viene rivelata l'esistenza di un gruppo investigativo Top secret governativo, il Majestic-12, composto da dodici esperti tra cui Menzel, astronomo di Harvard, ed alcuni membri della CIA nella commissione. Direttamente coinvolto fu l’allora presidente Truman. Esistevano delle precise diposizioni su cosa rilasciare all’opinione pubblica, ed i comunicati erano fatti in modo tale che gran parte delle testimonianze relative agli avvistamenti di oggetti volanti non identificati contrastasse con il materiale per la stampa dando così un’immagine contradditoria degli eventi, impedendo all’opinione pubblica di avere un quadro chiaro della situazione. È probabile che il modo di procedere delle autorità sia dettato per insabbiare in nome della sicurezza nazionale dei fatti che potrebbero confortare l’esistenza di forme di vita extraterrestri o dalla necessità di tener segreti certi esperimenti militari come quei test fatti in quella zona di deserto del Nevada, nota anche col nome di AREA 51. Lì vengono effettuati test nucleari sotterranei per il dipartimento dell’energia ed al poligono di Tonopah vengono collaudati nuovi aerei. A sud del complesso Groom Lake troviamo la zona S4 dove vengono sperimentati i "dischi volanti". A questi "Black projects" si dice che ci lavori Edward Teller, fisico ungherese che lavorò con Fermi al progetto Manhattan, una delle migliori menti del pianeta. Spesso le notizie relative ai Black projects sono il risultato di dubbie rivelazioni fatte da alcuni personaggi, come Robert Lazar, che affermano di aver lavorato a progetti classificati top secret, e dicono di aver prove sicure che all’interno di questa base, una vera e propria città sotterranea, ci siano delle presenze aliene, i cosiddetti "Grigi", che coordinano progetti di tecnologia UFO per il volo interstellare. La gente accampata ai bordi dell’installazione militare afferma infatti di veder spiccare il volo oggetti a forma triangolare e discoidale. Sono forse dei velivoli tutt’ala realizzati in wafer di lega leggera con memoria per ottimizzare il peso, la temperatura e gli sforzi sopportati dalla struttura, adattandosi all’ambiente esterno come accade alla pelle di un delfino mentre questo nuota. Potrebbero essere dotati di un reattore a fissione e di un sistema di campi magnetici toroidali che formano una camera di ionizzazione per un sistema di motori ad ioni. L’aria viene aspirata dalla parte superiore del disco e fuoriesce mediante delle valvole elettromagnetiche sotto forma di getti di ioni, come accade fa una seppia che aspira l’acqua e la getta fuori. Il baricentro di questi oggetti è molto basso, per ottimizzare la spinta verso l’alto del gas caldo e dei motori; talvolta può dar adito ad un dondolìo del velivolo come se fosse una foglia in caduta libera. Lo scarico di ioni inoltre dovrebbe renderne difficoltosa l’individuazione mediante radar. Sembra che un simile dispositivo antiradar a guscio di ioni sia in fase di applicazione sul bombardiere tattico tutt’ala B2. Questo metodo consente anche di variare la portanza con una spinta addizionale dovuta al guscio di aria ionizzata controllabile mediante un campo elettrico come avviene per il grasso muco superficiale di un pesce che fa sfuggire l’acqua attorno a se’, e si può ottimizzarlo ionizzando l’aria incidente mediante impulso laser, come fa un delfino con gli ultrasuoni nell’acqua. Un altro interessante aspetto legato sempre alla presenza di forti campi elettromagnetici è l’effetto scoperto da Townsend-Brown negli anni ’20 che si ottiene applicando sulle armature di un condensatore una enorme differenza di potenziale compresa fra 70.000 e 300.000 Volt; orientandone l’armatura positiva verso l’alto perde una frazione del proprio peso. La fisica moderna può suggerire un collegamento fra quest’ultimo fenomeno e l’effetto Casimir riguardante l’energia del vuoto stesso, è come se il disco "galleggiasse" nello stato d’energia del campo gravitazionale terrestre. Equesti sono solo aerei. Proviamo ad immaginare di entrare in possesso di un’astronave aliena. L’importanza strategica del solo possesso sarebbe immensa, come se ai tempi di Leonardo fossero piombate dal cielo le tecnologie necessarie per sviluppare le sue idee come l’aereo, il sommergibile, il carro armato. Nel nostro caso la tecnologia che si potrebbe ricavare da uno scafo alieno ci consentirebbe di dominare la struttura stessa dello spaziotempo. È cosa nota dalla fisica che la massima velocità nel nostro universo è quella della luce nel vuoto; se un raggio luminoso, fatto di fotoni privi di massa a riposo, impiega anni per percorrere lo spazio che separa una stella dall’altra, un’astronave dotata invece di massa non raggiungerebbe mai quella velocità limite per quanto la accelerassi, sarebbe destinata inesorabilmente a viaggiare per un tempo assai più lungo. Impiegheremmo, per esempio, ben più di 100000 anni per solcare da un capo all’altro la galassia. Il tempo a bordo della veloce nave scorrerà ben più lentamente di quanto avverrebbe sulla Terra, quasi arrestandosi tendendo alla velocità della luce. La teoria della Relatività Speciale di Einstein prevede questo effetto, noto anche come paradosso dei gemelli. Immaginiamo che uno di due fratelli gemelli si imbarchi su di un razzo che viaggia a velocità relativistiche. Il tempo scorrerà assai più lentamente di quanto avviene a terra. Alla fine del viaggio troverà il fratello rimasto ad attenderlo ben più vecchio di lui. Una civiltà che cominciasse a solcare la galassia in questo modo manderebbe degli equipaggi che al ritorno troverebbero il loro mondo completamente cambiato: la loro città, la famiglia e gli amici sarebbero morti da tempo. Delle comunità isolate come se fossero dei messaggi in bottiglia. L’unico modo che forse permette un viaggio quasi istantaneo da una stella all’altra è in uno studio fatto inizialmente da Einstein e Rosen sui cunicoli spaziotempo. La forza di gravità, nella teoria della Relatività Generale di Einstein è interpretabile come una deformazione del continuum spaziotemporale; un opportuno campo deformerà questo cronotopo congiungendo due punti lontani dell’universo come se il cosmo fosse tutto ripiegato su se stesso. Questa è la spiegazione che viene di sovente data anche a quel misterioso avvenimento accaduto nel 1943 nella baia di Filadelfia alla nave USS Eldridge durante un’esperimento fatto per renderla invisibile ai sensori delle mine mediante forti campi elettromagnetici variabili. La pulsazione del campo così prodotto dovrebbe aver creato un fenomeno di risonanza in quello gravitazionale generando uno stargate entro al quale è stata dislocata la nave. Accade di frequente che la gente accenni ad una ipotetica "teoria unitaria" del dottor Einstein come se fosse la panacea atta a risolvere ogni mistero, magari per affermare che in realtà dietro l’esperimento Philadelphia c’era lo zampino dello stesso Einstein. Nulla di più falso. Einstein è morto tentando invano fino alla fine di formulare una descrizione geometrica della natura, ed i lavori sono stati tutti pubblicati, memorie comprese. Nel progetto di disco volante descritto da Lazar nelle sue fantasiose rivelazioni, invece, non viene fatto cenno alla possibilità di creare tunnel spaziotempo: il nucleo motore è costituito da tre ipotetici "generatori di antigravità", cosa alquanto assurda alla luce delle odierne conoscenze fisiche. Non abbiamo di certo uno scenario definitivo delle forze presenti nella natura, ma siamo sicuri che non esiste l’antigravità, almeno come la intende Lazar, visto che il gravitone, mediatore responsabile del campo gravitazionale è antiparticella di se stesso, quindi non possono esistere generatori di antigravità, perchè creerei comunque dei gravitoni. Inoltre questi generatori sarebbero alimentati da una creazione di antimateria generata mediante un catalizzatore transuranico detto elemento atomico 151 che, all’insaputa di Lazar, era già stato sintetizzato in laboratorio e non presentava di certo queste mirabolanti proprietà di creare ne’ antimateria vicino al suo nucleo ne’ tantomeno di generare da vibrazioni nucleari fiotti di gravitini, compagni ipoteci supersimmetrici del gravitone che, a loro dire, dovrebbero nelle teorie supersimmetriche generare un guscio di spaziotempo simile a quanto avvenuto nei primi stadi di creazione dell’universo. Se così fosse, ne verrebbe indotta una fase di espansione esponenziale dello stesso spaziotempo, senza avere la possibilità di espandere questo involucro di vuoto perturbato ed eccitato verso una direzione a piacere. Nella regione in questione si genererebbe uno stato di falso vuoto che riscaldandosi in seguito ad una transizione di fase, creerebbe delle particelle al posto della nave e dei suoi occupanti, il che non risulterebbe molto gradito agli astronauti. La provenienza di queste astronavi, compresa quella impattatasi a Roswell nel 1947, sarebbe un fantomatico quarto pianeta del sistema stellare doppio Zeta Reticuli, abbastanza vicino al nostro sole e costituito principalmente da due stelle simili alla nostra. Il sistema in questione venne inizialmente citato nel caso di "abduction" nel 1961 di Betty e Barney Hill. Questi affermano di esser stati rapiti dagli alieni e portati a bordo della nave. Ogni ricordo diretto dell’evento venne poi cancellato. Anni dopo Betty ricostruì sotto ipnosi una mappa stellare vista a bordo della nave aliena. Sembrò essere una carta tridimensionale del cielo visto da Zeta2 Reticuli. Oggettivamente non è per ora possibile confutare direttamente queste affermazioni mediante una diretta indagine astronomica stabilendo l’esistenza o meno del quarto pianeta perchè, anche se queste stelle sono abbastanza vicine alla terra, gli strumenti in nostro possesso non ci consentono di individuare la presenza di piccoli mondi simili al nostro, idonei ad ospitare la vita. È però possibile scorgere le tracce della presenza di pianeti molto massivi come il grande Giove analizzando le infinitesime variazioni di posizione della stella al centro del sistema, Zeta 2 reticuli; è dello stesso tipo spettrale del Sole, una G1V gialla, solo un pochino più calda. L’abbondanza di metalli è inferiore a quella del sole, il che fa dedurre che la stella sia più vecchia di un paio di miliardi di anni. La scarsità di elementi pesanti rende, alle attuali conoscenze, meno probabile la formazione di un pianeta solido simile alla Terra nella regione dell’ecosfera, un guscio ideale che contiene quelle orbite che gli consentono di ospitare la vita. Dai dati in nostro possesso è controversa l’esistenza di un pianeta assai vicino alla stella Zeta 2 Reticuli, detto Reticulum 1. Anzi, recentemente, si ritiene che le fluttuazioni osservate siano dovute a pulsazioni della stella stessa, cosa che farebbe cadere definitivamente la tesi sostenuta da Lazar e da Hill. Nell’ipotesi che Reticulum 1 esista, questo avrebbe un periodo di rivoluzione (cioè un suo anno) di soli 18.9 giorni, con un’orbita avente semiasse maggiore di circa 20 milioni di km. La massa stimata si aggira attorno ad ¼ di quella di Giove. Applicando poi le leggi empiriche di Titius Bode si potrebbe tentare di ricavare l’insieme dei parametri orbitali di altri pianeti del sistema, fra i quali il quarto. Un anno di Reticulum 4 corrisponderebbe a circa 1,12 (o 432 giorni) anni terrrestri e si troverebbe in un’orbita che permetterebbe delle condizioni ambientali favorevoli per l’instaurarsi della vita. Unico problema è il grosso pianeta in prossimità della stella: dovrebbe essere fatto di materiali molto pesanti o, se gassoso, esser spiraleggiato giù in seguito a perturbazioni gravitazionali, rendendo la vita difficile al quarto pianeta.. Come possiamo essere sicuri che una stella abbia pianeti idonei ad ospitare la vita? La composizione chimica primordiale dell’universo è costituita dal 90% di idrogeno ed il restante da elio. Tutti i materiali più pesanti, quali l’ossigeno, carbonio, azoto, fondamentali per costruire ogni essere vivente, vennero sintetizzati miliardi di anni fa nel corso degli ultimissimi stadi evolutivi di una stella massiccia, nella fase nota col nome di supernova. Inoltre la stella deve avere una luminosità stabile e duratura per rendere i pianeti delle incubatrici nel corso dei miliardi di anni necessari. Più la stella è massiccia, minore è il suo tempo di vita medio, perchè brucia più rapidamente il suo combustibile nucleare; così una stella come Vega ha una durata troppo breve per poter ospitare una civiltà intelligente. La vita è un fenomeno cosmico che richiede miliardi di anni, ed è purtroppo assai sensibile alle condizioni al contorno: è necessario un notevole tasso d’inquinamento di ossigeno nella nube protoplanetaria per poter lasciare dei residui di natura cometaria. Sulla loro superficie, quando giungono in prossimità di una stella, avviene la sintesi di molecole molto complesse che potranno in seguito fecondare un pianeta: alcuni di questi blocchi di chiaccio sporco entreranno nell’atmosfera, vaporizzandosi e scendendo sotto forma di nuvole d’acqua cariche di materiali complessi. Proprio come accadde sulla Terra miliardi di anni fa. Resta comunque il sogno del contatto, di comunicare con una civiltà completamente estranea alla nostra, sapere se hanno forme d’arte come la musica o altre idonee ad eccitare i loro sensi e la loro immaginazione. L’unico linguaggio che ci può consentire un benchè minimo scambio d’informazioni è il linguaggio universale della natura, racchiuso nella matematica. Lo stesso Galilei affermava infatti che la natura si esprime in numeri e proporzioni. Guardandoci attorno, sappiamo di sicuro che sugli altri pianeti del sistema solare non ci sono tracce di vita intelligente; dobbiamo guardare alle lontane stelle. L’unica speranza che abbiamo per poter contattare una civiltà extraterrestre è di captarne le eventuali trasmissioni radio. L’astronomo Sir Francis Drake formulò nel 1961, mentre lavorava al National Radio Astronomy Observatory in Green Bank, un’equazione che consente di stimare l’ordine di grandezza del numero di civiltà a tecnologia avanzata presenti nella nostra galassia. In questa equazione sono presenti il tasso di formazione di stelle come il nostro sole, la probabilità che una di esse possa avere dei pianeti in cui si possa formare la vita, il tempo necessario perchè si formi una civiltà tecnologicamente evoluta, e la probabilità che si impieghino trasmissioni radio per le comunicazioni nel corso della vita della civiltà stessa. Il risultato è 10000 civiltà possibili su 150 miliardi di stelle costituenti la nostra galassia. La nostra civiltà tecnologica ha appena fatto il suo ingresso: appena 100 anni dall’epoca di Guglielmo Marconi su 4,7 miliardi di anni del nostro sole. Possiamo dire che ci siamo appena affacciati alla soglia dell’universo radio. Il progetto SETI venne fondato, ad opera dello stesso Drake, proprio per ascoltare le trasmissioni da civiltà extraterrestri. Fino ad oggi non è stato rivelato alcun segnale di chiara natura artificale, a meno di falsi allarmi ad opera di satelliti militari e di uno strano segnale raccolto il 17 agosto 1977 dal Big Ear Radio Telescope sulla riga dell’idrogeno neutro, il segnale "Wow!", detto così in seguito all’esclamazione fatta dall’astronomo Jerry Ehman dopo averne visto il tracciato. Non si è tutt’ora trovata una spiegazione all’evento.

 

Tracciato del segnale "Wow!" ricevuto dal radiotelescopio Ohio State Big Ear sulla frequenza dell'idrogeno neutro il 17 agosto 1977. Il segnale, di chiara origine artificiale, aveva un'ampiezza di banda di 10 kilohertz. Non è stata ancora data una spiegazione al fenomeno, mai più ripetutosi nel corso degli anni.

Probabilmente si tratta di un segnale riflesso da un asteroide di una trasmissione fatta da terra, visto che le coordinate celesti della sorgente erano in vicinanza del piano dell’eclittica, attorno al quale giace la maggior parte dei corpi del sistema solare. Resta comunque strano che qualcuno trasmettesse nella banda dell’idrogeno riservata da accordi internazionali allo studio della radioastronomia. L’ambizioso sogno di SETI, dopo i continui tagli di fondi, è ora tenuto in vita solo dallo sforzo economico di mecenati privati e di ricercatori che prestano la loro opera quasi gratuitamente. Ormai la ricerca scientifica ha perso parte del fascino che esercitava sull’opinione pubblica, gran parte della gente è più attratta dal mistero dell’occulto che dal freddo razionalismo del metodo galileiano. Viene accumulato un numero sempre maggiore di informazioni in campi più disparati, costringendo ogni singolo individuo ad una superspecializzazione per poter ottenere qualche risultato apprezzabile. Vediamo il mondo attraverso finestre sempre più strette. L’immaginazione e la superstizione dettata dalla paura cercano di supplire alla nostra cecità e ci danno una visione quasi medioevale del mondo. Per questo è quasi impossibile che esista un genio dello stampo di Leonardo in grado di abbracciare quasi tutto lo scibile. Non avrebbe più il tempo per farlo, ci sono troppe cose da studiare e troppa voglia di far carriera anzichè ricerca. In questo contesto la ricerca di civiltà aliene, il fenomeno UFO, sono entrati nel mito di fine millennio. Mito che impiega lo stesso linguaggio simbolico trovato in Ezechiele e nelle Apocalissi dei vari profeti. Basti pensare alle sette ufologiche dei contattisti nate nel ’52 in seguito ad una ondata di avvistamenti negli Stati Uniti; George Adamsky disse di aver stabilito un contatto con un venusiano bello, alto e biondo cominciando così a divulgare una dottrina filosofica sui fratelli cosmici. Angeli visti come alieni, che impersonano il mito ariano della purezza di esseri biondi di carnagione chiara ed esseri malvagi, simili ai rettili, con pelle squamosa, il serpente responsabile della cacciata dall’Eden. L’aspetto degli alieni cambia col tempo, come cambiano le figure del mito di ogni civiltà; una volta il diavolo aveva una barba caprina, gli zoccoli e le corna. Ora troviamo i grandi occhi ed il volto di forma triangolare che ricordano le fattezze del gatto, già simbolo legato al male nei tempi passati. Sono immagini dell’inconscio percezioni, forme e ricordi di fatti che riviviamo nello stato di coscienza alterata che accompagna il sonno od il buio in un ambiente che non ci è familiare. Molti simboli religiosi di altre civiltà possono assumere impropriamente significati esoterici legati alla presenza di entità provenienti da altri mondi. Così i miti Egizi, quelli Maya vengono interpretati in questa chiave. Il classico esempio sono le iscrizioni rinvenute su di una pietra tombale nella piramide di Palenque in Messico: ricordano un cosmonauta che pilota un’astronave; mentre al serpente piumato Quezalcoatl viene data spesso un’identità aliena, legandolo al pianeta Venere ed al perfetto meccanismo del loro calendario celeste che racchiude in se’ il mistero della nuova era annunciata nel 2013, quando il punto d’equinozio transiterà in direzione del centro della galassia. I disegni di Nazca, invece, sono ritenuti piste di atterraggio per astronavi aliene. Alcuni reperti rinvenuti dal Centro Studi e Ricerche Ligabue ricordano la forma di un disco all’interno del quale c’è un uomo. Il significato è assai più semplice: il seme che porta la vita. È l’inconscio collettivo di una società che sta crescendo e si nutre di simboli, come fa un bambino; anche se ogni singolo individuo può ragionare a suo modo, questi si ergerà sulle spalle di altre persone, giganti, per poter vedere più lontano, contribuendo con la sua flebile voce al coro della polifonia della nostra civiltà fondendosi con essa, perdendo così la sua identità. La teoria delle ricorsività del Vico, con il succedersi ciclico delle varie ere, ripreso in forma di HCE (Here Comes Everybody) da Joyce nel Finnegan’s wake possono dare una descrizione complessiva del fenomeno.

 

Un tipico episodio "esplicabile" è quello riferito da Sir Chester Ramsbottom il 5 giugno 1961, nello Schropshire: "ero in macchina verso le ore 2 del mattino, quando vidi un oggetto a forma di sigaro che sembrava tallonarmi. Dovunque svoltassi, mi veniva sempre dietro, compiendo sterzate secche. Era d’un rosso acceso, e per quanto accelerassi e zigzagassi non riuscivo a seminarlo. Mi misi in allarme e cominciai a sudare. Cacciai un urlo di terrore e, a quanto pare, perdetti i sensi. Mi svegliai all’ospedale, miracolosamente illeso." Dopo aver indagato, gli esperti appurarono che "l’oggetto a forma di sigaro" era il naso di Sir Chester. È ovvio che non riuscisse a seminarlo, poichè gli era attaccato alla faccia.

Woody Allen.

 

 

 

NOTE:

 

Fenomeni naturali: minicomete

Durante la missione Apollo14 , gli astronauti fotografarono questo fenomeno nelle vicinanze del cratere Lansberg. Immediatamente scambiati per UFO, sono molto probabilmente degli sciami di minicomete che stanno per impattare sulla superficie lunare.

Fra le immagini del filmato della missione Shuttle Discovery avvenuta nel 1991 sono stati documentati dei frammenti di cometine, o dei blocchi di ghiaccio che entrano nell’atmosfera. Spesso in questi avvistamenti l’oggetto sembra cambiare repentinamente di direzione. La spiegazione più plausibile al fenomeno è nella frammentazione successiva al treno d’onde d’urto che si instaura nel corpo in caduta con conseguente trasferimento dell’energia cinetica ai vari frammenti.

Anche durante la missione Apollo12 venne avvistato un oggetto non identificato, di probabile origine cometaria. Il 19 lug 1969, gli astronauti dell’Apollo11 in fase di avvicinamento avvicinamento alla luna osservarono l’evoluzione di questo oggetto. L’ipotesi più probabile è che siano sempre dei resti di origine cometaria, con una piccola codina, e successivamente divisisi per frammentazione del fragile corpo.

Snowball fotografata dal satellite Polar. Secondo la teoria del prof. Louis Frank dell’università dello Iowa, esistono nello spazio numerosi blocchi di ghiaccio di possibile origine cometaria che vengono attratti dalla terra e vaporizzate nell’alta atmosfera mediante onde sonore che si generano durante la caduta. È probabile che questo fenomeno sia uno dei responsabili dell’apporto di vapore d’acqua acqua e molecole complesse che hanno fecondato il nostro pianeta miliardi di anni fa.

 

Aeromobili sperimentali:

Esempio di UFO triangolare. Probabilmente si tratta di un velivolo tutt’ala avvolto da un mantello di gas ionizzato, come dovrebbe operare il nuovo bombardiere tattico americano B2 per rendersi invisibile al radar.

 

Durante la seconda guerra mondiale la marina americana ordinò la costruzione di un velivolo sperimentale a forma di disco volante, l’ XF5U-1, su studi fatti dall’ingegnere Charles Zimmerman che intuì le possibilità offerte da un velivolo di quel tipo: buona stabilità ad alte velocità ed alta resistenza allo stallo a basse velocità. Il test venne fatto sul prototipo V-173 flying pancake che eseguì parecchi voli. Vennero così costruiti altri prototipi con abitacolo a forma di bolla situato al centro del disco. Gli aerei potevano raggiungere anche i 700 km orari e potevano ottenere un decollo quasi verticale. Passando ai motori jet, quasi nello stesso periodo nasce un progetto Anglo-Americano-Canadese, il VZ-9V Avrocar con decollo verticale. La notevole coincidenza negli avvistamenti in quel periodo è sia nel luogo, cioè la frontiera canadese che la forma a disco.

  Immagine della zona del deserto del Nevada nota come Area 51 ripresa nel 1968 da un satellite spia russo. In questa zona di circa 26.000 kmq nel deserto a nord di Las Vegas, gli ufologi ritengono che siano custoditi degli scafi di dischi volanti .

 Un altro esempio di strana macchina volante è il termoplano (1) (2) realizzato nell’ex Unione Sovietica, un incrocio fra una mongolfiera ed un elicottero. Permette un carico di 5000 tonnellate con una velocità di crociera di 400 km orari.